‘Un uomo’, Oriana Fallaci.

“La libertà è un dovere, prima che un diritto è un dovere.” 

“L’unico modo per non soffrire è non amare,

che nei casi in cui non puoi fare a meno di amare

sei destinato a soccombere.” 

“Για σένα.” (‘Per te.’), questa, la dedica di uno dei romanzi più profondi ed intimi della scrittrice, giornalista e attivista italiana Oriana Fallaci. “Un uomo” è stato pubblicato nel 1979, attraverso di esso Oriana narra la storia di Alexandros (Alekos) Panagulis, che amò e che fu suo compagno nella vita.

“… La solita tragedia dell’individuo che non si adegua, che non si rassegna, che pensa con la propria testa, e per questo muore ucciso da tutti. Eccola, e tu mio unico interlocutore possibile, laggiù sottoterra, mentre l’orologio senza lancette segna il cammino della memoria.”

Una lunga, nostalgica lettera, promessa mantenuta, una biografia, una memoria all’uomo amato, gli ultimi tre anni della vita dell’eroe che non voleva essere chiamato tale, un simbolo della libertà e della Resistenza per la Grecia, una voce, un gesto, l’unico che fece della propria vita un’intera ribellione, un sacrificio al fine di ristabilire la tanto bramata giustizia, l’eguaglianza e la parità nel suo paese.

«Voi siete i rappresentanti della tirannia e so che mi manderete dinanzi al plotone di esecuzione. Ma so anche che il canto del cigno di ogni vero combattente è il rantolo che egli emette colpito dal plotone di esecuzione di una tirannia.»

Un Uomo, oltraggiato, tradito, torturato con sevizie più raccapriccianti, umiliato, ucciso psicologicamente e fisicamente, soffocato, schiacciato, da tutti, a partire dai tiranni, dalla dittatura, dai ministri, dai soldati, maggiori, medici, psicologi, conoscenti, amici, famiglia, popolo. Un Uomo solo, immerso nella sua più profonda solitudine, nella sua disperazione più cupa, più folle, un Uomo che si aggira come un cane per i vicoli bui, affamato, ferito, abbandonato da tutti, che ovunque vada trova insulti, porte chiuse o bastonate, così Alekos combatteva, imperterrito, per raggiungere il suo unico scopo, ciò per cui era nato, ciò a cui il destino, fin dal principio, lo aveva legato con catene di ferro, per non lasciarlo più scappare, se non attraverso la morte.

“un uomo che viveva e moriva da uomo, senza piegarsi, senza spaventarsi, senza rassegnarsi, predicando l’unico bene possibile, l’unico bene che conta: la libertà”.

Le pagine di Oriana Fallaci sono pagine madide di dolore, di una rabbia soffocata, di violenza…no! violenza ce n’è stata fin troppa. Una scrittura intensa, appassionata, viva, ci rivela tutto l’amore, la cieca fiducia, l’ammirazione per quest’uomo. Il racconto delle terribili vicende, a partire dall’attentato fallito al dittatore Geōrgios Papadopoulos, passando per le feroci torture e interrogatori, arrivando alla prigione, ai tallonamenti e alla caccia in libertà, si alterna a momenti che rivelano tutto il genio e l’astuzia di Alekos, che più volte porta all’esasperazione il direttore della cella di Boiati (Zakarakis), pur di ottenere di volta in volta piccoli benefici, che fossero il gabinetto o carta e penna, su cui scrivere gli struggenti versi che affollavano la sua mente.

“….il vero eroe non si arrende mai,… a distinguerlo dagli altri non è il gran gesto iniziale o la fierezza con cui affronta le torture e la morte, ma la costanza con cui si ripete, la pazienza con cui subisce e reagisce, l’orgoglio  con cui nasconde le sue sofferenze e gliele ributta in faccia a chi gliele impone. Non rassegarsi è il suo segreto, non considerarsi vittima, non mostrare agli altri tristezza o disperazione. E all’occorrenza, ricorrere all’arma dell’ironia e della beffa: ovvie alleate di un uomo in catene”.

Una storia carica di tensione, angoscia, paura e dolore, colma di sicurezza, arroganza, decisione e perseveranza, ma soprattutto di Amore e di Fedeltà,

a mio parere uno dei pochi libri che racconta la forma d’Amore più pura e incondizionata che esista. Il miglior libro che abbia mai letto.

 

“Negli abbracci forsennati o dolcissimi non era il tuo corpo che cercavo bensì la tua anima, i tuoi pensieri, i tuoi sentimenti, i tuoi sogni, le tue poesie. E forse è vero che quasi mai l’amore ha per oggetto un corpo, spesso si sceglie o si accetta una persona per la malìa inesplicabile con la quale essa ci investe, o per ciò che essa rappresenta ai nostri occhi, alle nostre convinzioni, alla nostra morale; però il veicolo di un rapporto amoroso rimane il corpo e, se quello non ti seduce, qualcos’altro deve pur sedurti. Il carattere, ad esempio, il modo di vivere o di comportarsi. E col tempo avevo scoperto che neanche il tuo carattere mi piaceva molto. […] Ma allora perché avevo avuto quell’impulso di correrti dietro, di abbracciarti, sentire i tuoi baffi contro la mia guancia, perché ora sentivo il bisogno di raschiarmi la gola e ricacciare indietro le lacrime?”

– Anastasia

 


 

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