Un autunno in musica

sulla metro rimbomba il cuore rimbombano le rotaie rimbomba il sangue e questa canzone. come il personaggio di un libro o di un film, che tutti gli incidenti di percorso e tutti gli ombrelli gocciolanti e tutte le trecce disordinate e tutti i passi camminati hanno tutti un senso. un puzzle che si ricompone solo alle otto di sera, sulla metro, il peso del giorno stanco nei piedi e nelle spalle. guarda il tuo vicino di fronte negli occhi per qualche secondo in più, lui non lo sa che è stato catturato nella rete, e ora fa parte del tuo film. se non c’è niente a salvarti e i pezzi non si decidono a coincidere per formare la prossima costellazione, almeno c’è questa canzone per camminare a tempo e immaginare che l’asfalto risponda e ti senta, e almeno lui sappia.
malinconia chiusa in casa, imbottigliata. finestre oblò su un mare di nebbia. le mie ossa hanno avuto il tempo di assorbirla, la nebbia, e adesso la annuso dalla finestra. malinconia straziata. dove vai? dove vai a finire? è quella malinconia dove non è poi così male nuotare. sul tetto, vado a fare una telefonata, osservare i passanti e tenere nelle mani un languore, una smania che cresce ogni giorno, come se la innaffiassi. è vero, la innaffio di sogni. mi cresce nelle mani e la guardo come da dietro un vetro, da dietro le finestre, da dietro l’oblò. il filo della vita che si stava srotolando, e ora qualcuno ha premuto pausa, e puoi solo ascoltare questa canzone e aspettare.
sentimento acquatico e camminare piano. so tutte le parole a memoria, una per una. un cuore che batte forte sotto la felpa e io lo sento, contro il mio orecchio. mi ricordo il prato bello di parco sempione, mi ricordo la ghiaietta, mi ricordo i cani e la fine dell’estate. mi ricordo quando sono risorta. questa canzone mi prende per mano e mi porta a passeggio sull’autunno. avevo gli occhi chiusi per immaginare, gli occhi aperti per osservare, e poi in un grumo sulle scale di casa, non voglio ritornare col muso, sbollisco qui fuori. questa canzone contiene un profumo. questa canzone è delicata e fluttua tra le nuvole, un po’ paradiso e un po’ banale autunno milanese col muschio sui tronchi e il frescolino pungente la sera.
mi lavo i denti davanti allo specchio. il pianoforte ti porta su pian piano, sorridi. lo stesso loop, all’infinito. sottolinea i libri, rileggi le frasi dieci volte se necessario. accelera, anche se non te ne accorgi. rallentano i giorni, anche se sono tutti uguali. nel vaso le fragoline hanno ricominciato a fiorire, ma non eravamo a novembre? è la gioia che vive sottotraccia e parla di speranza, di continuità, di fili riavvolti e di ritrovare la strada. che puoi mettere passo dopo passo e ricordare ogni momento della tua vita come se fosse ora, passato e futuro fusi in un punto solo, sorridi allo specchio, ti sciacqui la bocca, rimetti a posto lo spazzolino e spegni la luce, buonanotte.
fedeltà al corpo. intessuto di nervi, muscoli, vene, ossicini. questo album è un capolavoro, e ogni canzone è dedicata a una parte del corpo. musica ipnotica, testi contorti e densi, troppe parole che vuoi dire, troppe parole scritte sulle note del telefono, ecco perché sta esplodendo. troppi pianti che potresti lasciar andare come sospiri di sollievo; ne libero approssimativamente la metà, gli altri si sedimentano da qualche parte sotto il diaframma, sotto lo stomaco, e guidano i miei movimenti, e guidano le mie danze. queste canzoni portano l’attenzione al corpo, al sangue, e l’attenzione, in tempi come questi, è già segno di abbastanza fedeltà.
mai sentito una canzone così terribilmente bella. è intensa e ti sostiene come grandi ali. cambia ogni volta, ogni volta che la ascolti. con questa canzone sto in cucina da sofia, ci raccontiamo le cose e prepariamo le crespelle e moriamo dalle risate, ho un sorriso così gigante che tutto sulla faccia non ci sta. è drammatica come le foglie che ho visto fluttuare giù dagli alberi, leggere come sipari, chiusi su una panchina. immagino di camminare su una spiaggia col mare tormentato e il cuore pesante e presente, con i piedi vivi, le mani fredde, questa canzone in testa, e so che me la porterò addosso per sempre.
boccata d’aria fresca e di gioia spontanea nel mezzo di un lockdown. ti ritrovi a ballare in giro per casa, e nessuno capisce. cosa vuol dire, “amore avraaaai la stessa miaaaaa felicitaaaaà”, non si capisce, ma risuona come un mantra. passi di samba. la ziza, come la zisa che sta a palermo, probabilmente non c’entra niente. sotto un tetto di stelle, siamo nel deserto eppure balliamo. è nel deserto che ti ricordi il valore delle cose. le cose piccole che diventano grandi, le cose grandi che diventano piccole. ho fatto la torta pere e cioccolato. se ascolti la ziza mentre cucini i tuoi familiari ti faranno il doppio dei complimenti. abbraccia loro. coccola il tuo gatto, che tanto non capisce nulla, e augura a tutti che abbiano la tua stessa felicità senza senso.

– agata

Agata

Nimble steps,
quiet steps.
I know it is you trying to figure out
the rhythm of your stride.
You should try quieter,
In order not to disturb the broken nature you live in.
You should try louder,
In order to blend in with all the world noise.
When both sides fall
A balanced tangle of weepings
Will make the distance small,
Will worm his way into your skin
Until you will be too close to the place
Where everything is about to begin,
And finally you will know
How it feels to rely on someone.

The music is your world
And your escape from the world:
You can feel it while you play your violin
You can feel it when you sing
You can feel it in your dad`s voice
You can feel it flowing in your veins
And you just hope that feeling remains.
Your mission is to bring it to everyone
To the children, to the teenagers,
To the teachers, to your friends,
To the flowers, to the strangers.
You want them to feel the melody,
To sing it out loud
In order to lock it up
In the whitest cloud.
And you like to believe
If they whistled it
Nothing would never be wrong
And all their melodies together
Would flow into the universe song.

You would like to see
That love every song talks about
The one that starts from a sunset on the sea
Or the one about two people with the same soul
But you know it’s almost impossible
Because you are still untouchable.

I imagine you in your home in Sicily,
Around you just fruit trees,
Beaches and sea.
A sandwich with ham and cheese
In the right hand
A good and relaxing book
In the other hand.
The beauty of your land
Is about the simplest things
-The ones we call little marvels-
But suddenly they have wings
They flow away with the time
However you are not upset:
You know it is not over yet.
You believe we can find them anywhere
Even in our Milan
The greyest city of all times
We just have to change our point of view
And figure out which path we should go through.

Together we are still
looking for something
That could give us chills
But it is hard to find
In a world we can not design:
We will need to climb mountains,
To cross this river in flood
If we really want to hear
the sound of our genuine blood.

Your name is antique
I am sure you know its meaning
Because it comes from Greek:
Agata indicates a virtuous woman
But it doesn’t mean you can’t have any rocking.
Once i’ve been told that while we’re walking
We should look up at the sky:
I want you to know
If you look at it
It will remind you
That we all share the same heart
Therefore never can tear us apart;
It will remind you
Even if we are on the opposite sides of the world
We share the same sky:
For sure It is upside down
But i will come back home
I just need to turn around.

-Carollo

Vorrei sapere

Vorrei sapere

Cos’è piangere per qualcuno. Cos’è piangere davanti a qualcuno. Cos’è cancellare uno strato di distanza alla volta e restare vicini con la pelle che si fonde.

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Perché associo un momento cristallizzato ad ogni canzone. Cos’è il fuoco impazzito che scorre nelle vene e il nettare che riempie il petto di follia e l’oro sulle spalle la luce nei capelli i lampi nello sguardo il ritmo di una risata di una camminata.

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Cos’è dormire vicini. Cosa sono le lenzuola tiepide ma vuote di cui parlano le canzoni e vorrei sapere se poi si intrecciano anche i sogni la notte. Cos’è essere fieri di qualcuno fino ad essere in lacrime. Cos’è rimanere privi di difese. Cos’è il bene cos’è il male castelli di attimi di fiocchi di neve di vento. Cos’è mangiare insieme. Cos’è l’amore. Perché dobbiamo stare tutti in equilibrio.

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Cos’è la rabbia e le mani che tremano e perché dovrebbero tremare. Cos’è la delusione. Cos’è non sapere niente ma sguazzarci dentro. Perché amo tutti e nessuno. Cos’è voler entrare nella testa degli altri. Cos’è intrecciare parole su parole e creare nel cervello un superavvolgimento di fili che forse sono spezzati ma non lo saprai mai.

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Cosa sono tutti gli schermi che mettiamo fra noi e il mondo. Perché è in qualche modo confortante avere gli occhi annebbiati di lacrime. Cos’è pensare la stessa cosa nello stesso istante. Cos’è amare incondizionatamente. Perché si tirano i sassi nel mare. Cosa vuol dire conoscersi. Com’è che amicizie diverse possono intersecarsi fra di loro. Quanti capelli ho. Quanti anni ancora. Come sarà e perché e dove finirò – questo non lo voglio sapere. Era una domanda retorica.

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Foto: Tommaso Ricci
Testo: Agata

Poesie // Saffo

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“Alcuni di cavalieri un esercito, altri di fanti,
altri di navi dicono che sulla nera terra
sia la cosa più bella, mentre io ciò che
uno ama.
Tanto facile è far capire
questo a tutti, perché colei che di molto superava
gli uomini in bellezza, Elena, il marito
davvero eccellente
lo abbandonò e se ne andò a Troia navigando,
e né della figlia, né dei cari genitori
si ricordò più, ma tutta la sconvolse
Cipride innamorandola.

E ora ella, che ha mente inflessibile,
in mente mi ha fatto venire la cara
Anattoria, che non mi è
vicina.
Potessi vederne il seducente passo
e il lucente splendor del volto
più che i carri dei Lidi e, in armi,
i fanti. ”

“Eros ha squassato il mio cuore, come raffica che irrompe sulle querce montane…”

Amanda-Brewster-Sewell,-Saffo,-1891
“A me pare uguale agli dèi
chi a te vicino così dolce
suono ascolta mentre tu parli
E ridi di un riso che suscita desiderio.
questa visione veramente
mi ha turbato il cuore nel petto:
appena ti guardo un breve istante, nulla mi è più possibile dire,

Ma la lingua si spezza, e subito
un fuoco sottile mi corre sotto la pelle,
e con gli occhi nulla vedo e rombano le orecchie
E su me sudore di spande e un tremito mi afferra tutta
e sono più verde dell’erba
e non lontana da morte sembro a me stessa
Ma tutto si può sopportare, poiché… “

“Non presumo di toccare il cielo…”

“O signore, (non ho proprio paura). No, per la dea…, non mi piace affatto essere troppo agitata (dalle ansie). Mi vince il desiderio di morire e di vedere le rive rugiadose di Acher(onte) fiore di loto.”

“Spesso ella si aggira punta dal ricordo e consuma il suo fragile cuore nel desiderio…”

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“… sinceramente vorrei essere morta. Lei mi lasciava piangendo
a lungo, e così mi disse: “Ah! Che pene spaventose
soffriamo, o Saffo. Davvero contro il mio volere ti lascio”.
Ed io così le rispondevo: “Va’ e sii felice e di me serba
memoria: tu sai quanto ti volevamo bene;

ma se non ricordi, allora io voglio farti ricordare
… tutti i momenti … e belli che abbiamo vissuto insieme:
(ché) accanto a me tu ponesti (sul tuo capo molte corone) di viole e di rose e di crochi
e intorno al collo delicato molte collane conserte fatte di fiori (incantevoli)
e con unguento floreale … e regale ti profumasti
e su morbidi giacigli … delicat- … placavi il desiderio …
e non c’era (festa) né sacrificio né … da cui noi fossimo assenti,
non bosco, non danza … fragore (dei crotali) …”

“(Sposa): Verginità, verginità, perchè mi lasci? Dove vai tu?
(Verginità): Mai più tornerò da te, mai più tornerò”

“È tramontata la luna con le Pleiadi, la notte è al mezzo, il tempo trascorre, e io dormo
sola…”

– Capraeeeeelefante

“Chiedo scusa al caso se lo chiamo necessità” – Wislawa Szymborska

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Chiedo scusa al caso se lo chiamo necessità.
Chiedo scusa alla necessità se tuttavia mi sbaglio.
Non si arrabbi la felicità se la prendo per mia.
Mi perdonino i morti se ardono appena nella mia memoria.
Chiedo scusa al tempo per tutto il mondo che mi sfugge a ogni istante.
Chiedo scusa al vecchio amore se do la precedenza al nuovo.
Perdonatemi, guerre lontane, se porto fiori a casa.
Perdonatemi, ferite aperte, se mi pungo un dito.
Chiedo scusa a chi grida dagli abissi per il disco col minuetto.
Chiedo scusa alla gente nelle stazioni se dormo alle cinque del mattino.
Perdonami, speranza braccata, se a volte rido.
Perdonatemi, deserti, se non corro con un cucchiaio d’acqua.
E tu, falcone, da anni lo stesso, nella stessa gabbia,
immobile con lo sguardo fisso sempre nello stesso punto,
assolvimi, anche se tu fossi un uccello impagliato.
Chiedo scusa all’albero abbattuto per le quattro gambe del tavolo.
Chiedo scusa alle grandi domande per le piccole risposte.
Verità, non prestarmi troppa attenzione.
Serietà, sii magnanima con me.
Sopporta, mistero dell’esistenza, se strappo fili dal tuo strascico.
Non accusarmi, anima, se ti possiedo di rado.
Chiedo scusa al tutto se non posso essere ovunque.
Chiedo scusa a tutti se non so essere ognuno e ognuna.
So che finché vivo niente mi giustifica,
perché io stessa mi sono d’ostacolo.
Non avermene, lingua, se prendo in prestito parole patetiche,
e poi fatico per farle sembrare leggere.

Digressione // mixtape

playlist digressione

E poi
viene un’ora
col suo sonno.
Cola giù
il viola e le palpebre
hanno una legge di peso
l’ordine superiore
di serrare ogni luce.
Allora – dopo la battaglia
col suo sgambettare
riponiamo i capelli sul cuscino
le mani lateralmente
e un precipizio del corpo
nel poligono del sonno
con sue fiammelle di respiro
e un sostare un sostare
per ristorare tutto
di questo fasciame
fino a che sulle punte
tutto il fiato va e viene
lentamente
in uno stare soli dei dormienti.

Oh! solitudine di chi dorme!
Ti cerco dalle sponde alte
degli insonni.

da “Bestie di Gioia”, Mariangela Gualtieri

– Agata

Una vita all’istante.

Una vita all’istante.
Spettacolo senza prove.
Corpo senza modifiche.
Testa senza riflessione.

Non conosco la parte che recito.
So solo che è la mia, non mutabile.

Il soggetto della pièce
va indovinato direttamente in scena.

Mal preparata all’onore di vivere,
reggo a fatica il ritmo imposto dell’azione.
Improvviso, benché detesti improvvisare.
Inciampo a ogni passo nella mia ignoranza.
Il mio modo di fare sa di provinciale.
I miei istinti hanno del dilettante.
L’agitazione, che mi scusa, tanto più mi umilia.
Sento come crudeli le attenuanti.

Parole e impulsi non revocabili,
stelle non calcolate,
il carattere come un capotto abbandonato in corsa –
ecco gli esiti penosi di tale fulmineità.

Poter provare prima, almeno un mercoledì,
o replicare ancora una volta, almeno un giovedì!
Ma qui già sopraggiunge il venerdì
con un copione che non conosco.
Mi chiedo se sia giusto
(con voce rauca,
perché neanche l’ho potuta schiarire tra le quinte).

Illusorio pensare che sia solo un esame superficiale,
fatto in un locale provvisorio. No.

Sto sulla scena e vedo quant’è solida.
Mi colpisce la precisione di ogni attrezzo.
Il girevole è già in funzione da tempo.
Anche le nebulose più lontane sono state accese.
Oh, non ho dubbi che questa sia la prima.
E qualunque cosa io faccia,
si muterà per sempre in ciò che ho fatto.

– Wislawa Szymborska

Empatia + Soleil noir

E M P A T I A
(quando capisci tutti
a volte persino te stesso)

voglio contorcermi
colibrì coleottero serpentello impazzito
piangere
tanto, senza misura freno pudicizia
svuotare gli occhi ed essere felice
di nuovo
soprattutto piangere dalla felicità
questa è la combinazione migliore;

conosci le ore e il tempo,
ma a te interessano solo i sorrisi
espressioni indecifrabili che colpiscono come
pezzi di vetro
respiri misti a singhiozzi misti a respiri
misti a sguardi
misti a profumi inconfondibili
a volte guardo gli occhi di Una Persona
e vedo riflessa me stessa;

voglio navigare nei colori con gli occhi chiusi
sognare la luna piena in una
notte di luna nuova
essere in ogni essere
umano
del mondo
vivere in tutti almeno un po’
come sole sulla faccia.

– Agata