Un autunno in musica

sulla metro rimbomba il cuore rimbombano le rotaie rimbomba il sangue e questa canzone. come il personaggio di un libro o di un film, che tutti gli incidenti di percorso e tutti gli ombrelli gocciolanti e tutte le trecce disordinate e tutti i passi camminati hanno tutti un senso. un puzzle che si ricompone solo alle otto di sera, sulla metro, il peso del giorno stanco nei piedi e nelle spalle. guarda il tuo vicino di fronte negli occhi per qualche secondo in più, lui non lo sa che è stato catturato nella rete, e ora fa parte del tuo film. se non c’è niente a salvarti e i pezzi non si decidono a coincidere per formare la prossima costellazione, almeno c’è questa canzone per camminare a tempo e immaginare che l’asfalto risponda e ti senta, e almeno lui sappia.
malinconia chiusa in casa, imbottigliata. finestre oblò su un mare di nebbia. le mie ossa hanno avuto il tempo di assorbirla, la nebbia, e adesso la annuso dalla finestra. malinconia straziata. dove vai? dove vai a finire? è quella malinconia dove non è poi così male nuotare. sul tetto, vado a fare una telefonata, osservare i passanti e tenere nelle mani un languore, una smania che cresce ogni giorno, come se la innaffiassi. è vero, la innaffio di sogni. mi cresce nelle mani e la guardo come da dietro un vetro, da dietro le finestre, da dietro l’oblò. il filo della vita che si stava srotolando, e ora qualcuno ha premuto pausa, e puoi solo ascoltare questa canzone e aspettare.
sentimento acquatico e camminare piano. so tutte le parole a memoria, una per una. un cuore che batte forte sotto la felpa e io lo sento, contro il mio orecchio. mi ricordo il prato bello di parco sempione, mi ricordo la ghiaietta, mi ricordo i cani e la fine dell’estate. mi ricordo quando sono risorta. questa canzone mi prende per mano e mi porta a passeggio sull’autunno. avevo gli occhi chiusi per immaginare, gli occhi aperti per osservare, e poi in un grumo sulle scale di casa, non voglio ritornare col muso, sbollisco qui fuori. questa canzone contiene un profumo. questa canzone è delicata e fluttua tra le nuvole, un po’ paradiso e un po’ banale autunno milanese col muschio sui tronchi e il frescolino pungente la sera.
mi lavo i denti davanti allo specchio. il pianoforte ti porta su pian piano, sorridi. lo stesso loop, all’infinito. sottolinea i libri, rileggi le frasi dieci volte se necessario. accelera, anche se non te ne accorgi. rallentano i giorni, anche se sono tutti uguali. nel vaso le fragoline hanno ricominciato a fiorire, ma non eravamo a novembre? è la gioia che vive sottotraccia e parla di speranza, di continuità, di fili riavvolti e di ritrovare la strada. che puoi mettere passo dopo passo e ricordare ogni momento della tua vita come se fosse ora, passato e futuro fusi in un punto solo, sorridi allo specchio, ti sciacqui la bocca, rimetti a posto lo spazzolino e spegni la luce, buonanotte.
fedeltà al corpo. intessuto di nervi, muscoli, vene, ossicini. questo album è un capolavoro, e ogni canzone è dedicata a una parte del corpo. musica ipnotica, testi contorti e densi, troppe parole che vuoi dire, troppe parole scritte sulle note del telefono, ecco perché sta esplodendo. troppi pianti che potresti lasciar andare come sospiri di sollievo; ne libero approssimativamente la metà, gli altri si sedimentano da qualche parte sotto il diaframma, sotto lo stomaco, e guidano i miei movimenti, e guidano le mie danze. queste canzoni portano l’attenzione al corpo, al sangue, e l’attenzione, in tempi come questi, è già segno di abbastanza fedeltà.
mai sentito una canzone così terribilmente bella. è intensa e ti sostiene come grandi ali. cambia ogni volta, ogni volta che la ascolti. con questa canzone sto in cucina da sofia, ci raccontiamo le cose e prepariamo le crespelle e moriamo dalle risate, ho un sorriso così gigante che tutto sulla faccia non ci sta. è drammatica come le foglie che ho visto fluttuare giù dagli alberi, leggere come sipari, chiusi su una panchina. immagino di camminare su una spiaggia col mare tormentato e il cuore pesante e presente, con i piedi vivi, le mani fredde, questa canzone in testa, e so che me la porterò addosso per sempre.
boccata d’aria fresca e di gioia spontanea nel mezzo di un lockdown. ti ritrovi a ballare in giro per casa, e nessuno capisce. cosa vuol dire, “amore avraaaai la stessa miaaaaa felicitaaaaà”, non si capisce, ma risuona come un mantra. passi di samba. la ziza, come la zisa che sta a palermo, probabilmente non c’entra niente. sotto un tetto di stelle, siamo nel deserto eppure balliamo. è nel deserto che ti ricordi il valore delle cose. le cose piccole che diventano grandi, le cose grandi che diventano piccole. ho fatto la torta pere e cioccolato. se ascolti la ziza mentre cucini i tuoi familiari ti faranno il doppio dei complimenti. abbraccia loro. coccola il tuo gatto, che tanto non capisce nulla, e augura a tutti che abbiano la tua stessa felicità senza senso.

– agata

Agata

Nimble steps,
quiet steps.
I know it is you trying to figure out
the rhythm of your stride.
You should try quieter,
In order not to disturb the broken nature you live in.
You should try louder,
In order to blend in with all the world noise.
When both sides fall
A balanced tangle of weepings
Will make the distance small,
Will worm his way into your skin
Until you will be too close to the place
Where everything is about to begin,
And finally you will know
How it feels to rely on someone.

The music is your world
And your escape from the world:
You can feel it while you play your violin
You can feel it when you sing
You can feel it in your dad`s voice
You can feel it flowing in your veins
And you just hope that feeling remains.
Your mission is to bring it to everyone
To the children, to the teenagers,
To the teachers, to your friends,
To the flowers, to the strangers.
You want them to feel the melody,
To sing it out loud
In order to lock it up
In the whitest cloud.
And you like to believe
If they whistled it
Nothing would never be wrong
And all their melodies together
Would flow into the universe song.

You would like to see
That love every song talks about
The one that starts from a sunset on the sea
Or the one about two people with the same soul
But you know it’s almost impossible
Because you are still untouchable.

I imagine you in your home in Sicily,
Around you just fruit trees,
Beaches and sea.
A sandwich with ham and cheese
In the right hand
A good and relaxing book
In the other hand.
The beauty of your land
Is about the simplest things
-The ones we call little marvels-
But suddenly they have wings
They flow away with the time
However you are not upset:
You know it is not over yet.
You believe we can find them anywhere
Even in our Milan
The greyest city of all times
We just have to change our point of view
And figure out which path we should go through.

Together we are still
looking for something
That could give us chills
But it is hard to find
In a world we can not design:
We will need to climb mountains,
To cross this river in flood
If we really want to hear
the sound of our genuine blood.

Your name is antique
I am sure you know its meaning
Because it comes from Greek:
Agata indicates a virtuous woman
But it doesn’t mean you can’t have any rocking.
Once i’ve been told that while we’re walking
We should look up at the sky:
I want you to know
If you look at it
It will remind you
That we all share the same heart
Therefore never can tear us apart;
It will remind you
Even if we are on the opposite sides of the world
We share the same sky:
For sure It is upside down
But i will come back home
I just need to turn around.

-Carollo

Vorrei sapere

Vorrei sapere

Cos’è piangere per qualcuno. Cos’è piangere davanti a qualcuno. Cos’è cancellare uno strato di distanza alla volta e restare vicini con la pelle che si fonde.

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Perché associo un momento cristallizzato ad ogni canzone. Cos’è il fuoco impazzito che scorre nelle vene e il nettare che riempie il petto di follia e l’oro sulle spalle la luce nei capelli i lampi nello sguardo il ritmo di una risata di una camminata.

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Cos’è dormire vicini. Cosa sono le lenzuola tiepide ma vuote di cui parlano le canzoni e vorrei sapere se poi si intrecciano anche i sogni la notte. Cos’è essere fieri di qualcuno fino ad essere in lacrime. Cos’è rimanere privi di difese. Cos’è il bene cos’è il male castelli di attimi di fiocchi di neve di vento. Cos’è mangiare insieme. Cos’è l’amore. Perché dobbiamo stare tutti in equilibrio.

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Cos’è la rabbia e le mani che tremano e perché dovrebbero tremare. Cos’è la delusione. Cos’è non sapere niente ma sguazzarci dentro. Perché amo tutti e nessuno. Cos’è voler entrare nella testa degli altri. Cos’è intrecciare parole su parole e creare nel cervello un superavvolgimento di fili che forse sono spezzati ma non lo saprai mai.

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Cosa sono tutti gli schermi che mettiamo fra noi e il mondo. Perché è in qualche modo confortante avere gli occhi annebbiati di lacrime. Cos’è pensare la stessa cosa nello stesso istante. Cos’è amare incondizionatamente. Perché si tirano i sassi nel mare. Cosa vuol dire conoscersi. Com’è che amicizie diverse possono intersecarsi fra di loro. Quanti capelli ho. Quanti anni ancora. Come sarà e perché e dove finirò – questo non lo voglio sapere. Era una domanda retorica.

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Foto: Tommaso Ricci
Testo: Agata

Cosa sono io?

Cosa sono io? Per rispondere a questa domanda penso a cosa dovrebbe essere scritto sulla mia lapide una volta che sarò cibo per vermi.
Non voglio che il mio nome sia per sempre legato al luogo nel quale mi è capitato di nascere o vivere. Io non sono un italiano, io non sono un abitante di una città (che è solo un accumulo di cemento e asfalto), io non sono un abitante del pianeta Terra, nessuna di queste identificazioni può riuscire a raccogliere in sé il significato della mia esistenza.
Non voglio che per riassumere la mia identità si usi qualche sostantivo legato alle mie attività e idee (ad esempio “comunista” o “cristiano”). Io non sono uno strumento di un’ideologia, la quale per quanto mi possa convincere e possa essere da me sostenuta, sempre sarà solo un’idea, un abitante dell’iperuranio, uno spirito, dal quale io non voglio essere posseduto. Io sono reale, l’ideologia no.
Io non sono quello che faccio, io non sono il mio lavoro e le mie opere. Mai sommando tutte le manifestazioni del mio io nel mondo potrete ricostruire la complessità della forza che ne fu causa, e comunque mai potrete sperare di conoscere l’inespresso, il noumenico della mia personalità, con il quale io solo giacerò sotto terra.
Non voglio che sotto il mio nome sia scritto “figlio”, “fratello”, “marito” o “membro della
comunità”. Io non esisto per nessun altro che per me stesso, e per quanto possa passare la mia esistenza ad amare con tutto il mio essere sempre vi sarà in me una melodia che solo io possocantare, una storia che solo io posso raccontare.
Non voglio che vi sia scritto egoista, ché io non sono neppure il mio ego. Io in vita non fui la stessa cosa per più di dieci secondi, la mia personalità e i miei sentimenti non finirono mai di mutare di fronte ai miei occhi, ma io ne fui un semplice osservatore e niente più, un estraneo al mio stesso ego e alla mia stessa volubile identità.
Io non sono i miei averi, io non sono neppure questo corpo che mi è stato veicolo per così tanto tempo. Io lo ringrazio per il servizio che mi ha offerto e mi scuso per non averlo sempre onorato come forse meritava, e tuttavia io non sono mai stato esso, e ne è dimostrazione che quando morirò io cesserò di esistere, lui resterà estraneo al mio non essere. Io non sono res extensa.
Io non sono un’anima, io non sono pensiero. Il pensare è un’attività, e nessuno ha mai visto un’attività camminare su due gambe come me. Il mio pensiero, la mia coscienza non è che una della tante manifestazioni di quell’ombra infinita che io sono. Io non sono res cogitans.
Insomma cosa sono io? Io sono niente, io sono il nulla contrapposto ad ogni essere. Io sono una perturbazione attiva nella passiva staticità inconscia dell’universo. Io esisto solo in quanto contestazione della datità del mondo che mi circonda, io esisto solo come negazione di ogni fissità e di ogni gabbia deterministica, sia essa materiale o no. Eccola qui la mia essenza: il mio non essere, la mia indeterminabilità. E solo quando io non mi abbandono alla necessità dell’essere, solo quando io mantengo la mia contingenza dell’essere nulla, che io sono davvero
un essere umano.
Allora quando sarò morto io voglio che questo sia scritto sulla mia lapide sotto il mio nome: “nulla”.

“Ich hab′ mein Sach′ auf Nichts gestellt”
“Io ho fondato la mia causa sul nulla”
-Johann Wolfgang von Goethe

– Riccardo Costantini

Giugno 2018 // un diario visuale

Le giornate di giugno sono uno squarcio nell’estate. Mi ero dimenticata della sensazione di libertà assoluta che si prova in una macchina stracarica che corre verso il Sud, mi ero dimenticata com’è emozionante tornare a casa, in una casa che è tua e di tante altre persone, in mezzo alla campagna siciliana. E poi c’è il sole ovunque sulla pelle, la frutta fresca appena raccolta dall’albero, le zucchine dell’orto che non finiscono più, le giornate di mare calmo. Questa è una raccolta di impressioni, attimi catturati quasi senza l’intenzione di creare questo video. Il viaggio verso Napoli, poi il traghetto fino al porto di Palermo, e la vita che trascorre fra amici che vanno e amici che vengono.

“La velocità, per esempio, de’ cavalli o veduta, o sperimentata, cioè quando essi vi trasportano (…) è piacevolissima per sé sola, cioè per la vivacità, l’energia, la forza, la vita di tal sensazione. Essa desta realmente una quasi idea dell’infinito, sublima l’anima, la fortifica…” – G. Leopardi, Zibaldone

– Agata

Imprigionat* // mixtape

Attenzione: prendere con ironia (tanta).

Musica per quando ti senti un vero uomo e sei in camera tua a lavorare da tutto il pomeriggio (anche se le cose da fare incombono minacciose su di te) su quel muscolo completamente inutile ma che a parer tuo (e probabilmente solo tuo) dà quel tocco di virilità che ti permetterà di passare anche al mare (nonostante tu le tette le abbia ancora, e per di più grandi), ma quando tua mamma entra per salutare la sua bambina tu tiri fuori una voce che farebbe invidia a Topolino.

E per una volta ti incazzi, con la disforia dimmerda e tutto il resto, e per evitare di dover ri-imbiancare la parete sporca di sangue (perché i muri non si rompono, ma le tue nocche si), ti precipiti fuori a correre per smaltire la rabbia (e già che ci sei quella ciccetta sui fianchi), e poi dagli auricolari ecco! Questo era quello che avevo bisogno di ascoltare!

-Ragazz* Anonim*

Flow // mixtape

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” – No, – disse fra sé la signora Ramsay, mettendo insieme alcune figurine ritagliate da Giacomo, un frigorifero, una falciatrice, un signore in frac, – i bambini non dimenticano. – Appunto perciò bisognava misurare in loro presenza atti e parole, ed era un sollievo mandarli a letto. Allora non occorreva più ch’ella pensasse a qualcun altro. Allora poteva essere se medesima e appartenere a se medesima. Da qualche tempo ella provava spesso il bisogno di riflettere un po’; forse non proprio di riflettere; ma di tacere, di star sola. Allora l’esistenza e l’azione, espansive, luccicanti, vocali, evaporavano in lei; e il senso di sé, in modo quasi augusto, si riduceva a un segreto cuneo d’ombra, a qualcosa d’occulto per gli altri. Pur continuando a scalzettare, impettita sulla sedia, ella si sentiva così trasformata; e il suo io, scisso da ogni legame, era libero per le più strane avventure. Quando la sua rivalità sprofondava per un istante, il campo delle esperienze le pareva senza confine.” – Virginia Woolf, Gita al faro

– Agata

Poesie // Saffo

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“Alcuni di cavalieri un esercito, altri di fanti,
altri di navi dicono che sulla nera terra
sia la cosa più bella, mentre io ciò che
uno ama.
Tanto facile è far capire
questo a tutti, perché colei che di molto superava
gli uomini in bellezza, Elena, il marito
davvero eccellente
lo abbandonò e se ne andò a Troia navigando,
e né della figlia, né dei cari genitori
si ricordò più, ma tutta la sconvolse
Cipride innamorandola.

E ora ella, che ha mente inflessibile,
in mente mi ha fatto venire la cara
Anattoria, che non mi è
vicina.
Potessi vederne il seducente passo
e il lucente splendor del volto
più che i carri dei Lidi e, in armi,
i fanti. ”

“Eros ha squassato il mio cuore, come raffica che irrompe sulle querce montane…”

Amanda-Brewster-Sewell,-Saffo,-1891
“A me pare uguale agli dèi
chi a te vicino così dolce
suono ascolta mentre tu parli
E ridi di un riso che suscita desiderio.
questa visione veramente
mi ha turbato il cuore nel petto:
appena ti guardo un breve istante, nulla mi è più possibile dire,

Ma la lingua si spezza, e subito
un fuoco sottile mi corre sotto la pelle,
e con gli occhi nulla vedo e rombano le orecchie
E su me sudore di spande e un tremito mi afferra tutta
e sono più verde dell’erba
e non lontana da morte sembro a me stessa
Ma tutto si può sopportare, poiché… “

“Non presumo di toccare il cielo…”

“O signore, (non ho proprio paura). No, per la dea…, non mi piace affatto essere troppo agitata (dalle ansie). Mi vince il desiderio di morire e di vedere le rive rugiadose di Acher(onte) fiore di loto.”

“Spesso ella si aggira punta dal ricordo e consuma il suo fragile cuore nel desiderio…”

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“… sinceramente vorrei essere morta. Lei mi lasciava piangendo
a lungo, e così mi disse: “Ah! Che pene spaventose
soffriamo, o Saffo. Davvero contro il mio volere ti lascio”.
Ed io così le rispondevo: “Va’ e sii felice e di me serba
memoria: tu sai quanto ti volevamo bene;

ma se non ricordi, allora io voglio farti ricordare
… tutti i momenti … e belli che abbiamo vissuto insieme:
(ché) accanto a me tu ponesti (sul tuo capo molte corone) di viole e di rose e di crochi
e intorno al collo delicato molte collane conserte fatte di fiori (incantevoli)
e con unguento floreale … e regale ti profumasti
e su morbidi giacigli … delicat- … placavi il desiderio …
e non c’era (festa) né sacrificio né … da cui noi fossimo assenti,
non bosco, non danza … fragore (dei crotali) …”

“(Sposa): Verginità, verginità, perchè mi lasci? Dove vai tu?
(Verginità): Mai più tornerò da te, mai più tornerò”

“È tramontata la luna con le Pleiadi, la notte è al mezzo, il tempo trascorre, e io dormo
sola…”

– Capraeeeeelefante

L’arte, opera teogonica

l'arte, opera teogonica

Da sempre all’arte sono state attribuite proprietà al confine col mistico, la capacità di innalzare l’animo dell’uomo ai confini dello spirito, nelle regioni dell’assoluto. D’altronde non è un caso che in uno dei miti più importanti della storia della civiltà occidentale (nonché fondante del movimento religioso noto come Orfismo), quello di Orfeo ed Euridice, il protagonista Orfeo ottenga dagli dei il divino privilegio di visitare il mondo dei morti per riportare la propria amata Euridice tra i vivi esclusivamente per la sua abilità nella musica e nella poesia, uniche facoltà capaci di portare l’umano a contatto col divino.
In filosofia il primo a intuire le potenzialità gnoseologiche dell’arte (distinta dalla tecnica) fu Platone, che riconobbe nell’arte icastica (realistica) e non fantastica le potenzialità per educare l’uomo allo studio e alla conoscenza della bellezza fisica (intesa come intuizione nella natura di perfetta armonia e proporzioni). L’arte figurativa e la musica in Platone non avevano però solo un ruolo propedeutico e introduttivo allo studio filosofico delle idee (che era ciò che realmente interessava il filosofo di Atene), in quanto è infatti possibile trovare un’ulteriore rivalutazione dell’opera artistica come attività semidivina che avvicina l’artista (che intuisce la perfezione nascosta nella realtà materiale e la riporta nella sua opera) alla figura del demiurgo (ente metafisico che plasma la materia a imitazione della perfezione manifesta del mondo delle idee).
Un significato simile a quest’ultimo fu attribuito all’attività artistica dal filosofo neoplatonico Marsilio Ficino, che riprendendo dal neoplatonismo di Plotino la concezione di mondo come emanazione dell’Uno, identificò il logos demiurgico che vivifica la materia e la plasma a forma delle idee perfette con l’eros, forza mediatrice tra spirito e materia, il cui strumento prediletto è la bellezza. Il mondo è quindi una grande opera d’arte realizzata da Dio (concetto questo che sarà ripreso da Galileo, secondo cui Dio scrisse la natura in termini matematici), intuirne e imitarne la bellezza è dunque una delle facoltà che più nobilita l’uomo e lo avvicina al suo sommo creatore. In Ficino più che in Platone l’arte assume una propria dignità gnoseologica indipendente dalla conoscenza filosofica, presupposto questo per l’estetismo come culto della bellezza e dell’arte fine a se stessa.
Il rapporto tra estetica e divinità fu poi evidenziato in modo diverso da Immanuel Kant nella Critica del Giudizio, nella quale il filosofo prussiano sostiene che giudizio estetico (che concerne il bello, ed è quindi inerente all’arte) e giudizio teleologico (che riconosce la finalità della natura come espressione della divinità) appartengano entrambi alla categoria dei giudizi riflettenti, ossia quei giudizi privi di valore conoscitivo e morale, che non ineriscono a proprietà appartenenti alla realtà, ma al rapporto tra oggetto conosciuto e soggetto conoscente (bello e finalità non sono quindi intrinseci all’universo, ma sono solo riconoscibili dal soggetto).
Fu però forse Friedrich Schelling colui che più diede importanza all’arte, reputando l’attività di produzione artistica come unica espressione dell’Assoluto, essenza dell’universo, identità tra Natura (l’ispirazione inconscia che soggiunge all’artista) e Spirito (l’opera compiuta consciamente dall’artista). Così l’uomo è l’unico ente capace di portare a compimento la somma sintesi e riportare nell’unità dell’Assoluto i due poli opposti il cui scontro è essenza del divenire universale, e questo anello di congiunzione tra conscio e inconscio, Spirito e Natura, consiste proprio nell’artista, figura profetica tra umano e divino.
Tale capacità unificatrice fu attribuita dal giovane Friedrich Nietzsche al popolo greco presocratico, capace di unire i due poli della realtà, apollineo e dionisiaco, razionale e irrazionale, nell’opera artistica della rappresentazione tragica, in cui la commistione tra l’aulicità del coro e la tragicità della scena recitata permette l’accettazione dell’insopportabile coscienza della natura duale della realtà, propria solo dell’oltreuomo, essere che trascende i limiti e il nichilismo del monismo umano e accetta l’esistenza come continuo scontro di polarità.
L’arte quindi si conferma come strumento che permette all’uomo il transumanare dantesco e il raggiungimento dello stato di divinità, ma questo solo se essa si propone di essere il pugnale volto a squarciare il velo di Maya e rivelare la vera natura delle cose.

– Riccardo Costantini

Un giro di Do // Carollo, Aprile ’18

Quante volte ascoltiamo la musica nella nostra quotidianità: mentre andiamo a scuola, durante una pausa, quando siamo tristi, mentre guidiamo, quando vogliamo semplicemente smettere di pensare o quando tutto ciò che vogliamo fare è pensare. La musica è una parte fondamentale della nostra vita; è , come dice Baricco, l’armonia dell’anima. E proprio per questo ho deciso di aprire questa nuova rubrica: ogni giorno per tutto il mese posterò una canzone con una caratteristica specifica, per condividere una parte della mia armonia con voi e invito tutti coloro che lo desiderano a fare lo stesso: postate pure una canzone nei commenti, su instagram, su facebook o dove più vi piace e condividete un po’ della vostra armonia, per rendere il mondo più colorato!

1/04 – Una canzone da viaggio: When we stand together, Nickelback
2/04 – Una canzone che ti rende felice: Mezzogiorno, Jovanotti
3/04 – Una canzone che ti rende triste: Gli anni, 883
4/04 – Una canzone che ascolti per non pensare: Bun mi heart, Mellow Mood
5/04 – Una canzone che colora le tue giornate bianche: Mixtape 2003, The Academic
6/04 – Una canzone che ti ricorda qualcuno a cui vuoi bene: Hope, Jack Johnson
7/04 – Una canzone che dedicheresti a una persona che non fa più parte della tua vita: Non sei tu, Gazzelle
8/04 – Una canzone che ti ricorda la tua infanzia: Girlfriend, Avril Lavigne
9/04 – Una canzone che non ti si addice, ma ascolti lo stesso: Ballata del dubbio pt.3, Gemitaiz
10/04 – Una canzone che ti ricorda un brutto episodio: Drown, Bring Me The Horizon
11/04 – Una canzone che ti ricorda un bell’episodio: Eppure soffia, Pierangelo Bertoli
12/04 – Una canzone che ti ricorda l’estate: For the first time, The Script
13/04 – Una canzone che hai ascoltato troppo: Niente di speciale, Lo Stato Sociale
14/04 – Una canzone che non ti stanca mai: November rain, Guns N’ Roses
15/04 – Una canzone che ti ricorda il tuo paese: I cento passi, Modena City Ramblers
16/04 – Una canzone che ti fa sfogare: Final masquerade, Linkin Park
17/04 – Una canzone che è stata scritta quando sei nato: Geordie, Fabrizio De Andrè
18/04 – Una canzone che ti fa concentrare: Fango, Jovanotti
19/04 – Una canzone che ti riempie: Gente che spera, Articolo 31
20/04 – Una canzone che fa muovere qualcosa dentro di te: Chiodo fisso, Eugenio in via di gioia
21/04 – Una canzone che ti motiva: Whatever it takes, Imagine Dragons
22/04 – Una canzone che sai a memoria: Miss you, Blink 182
23/04 – Una canzone che ha diversi significati per te: Leggero, Ligabue
24/04 – Una canzone che ti fa pensare alla vita: Domani, Artisti uniti per l’Abruzzo
25/04 – Una canzone brutta che però ti piace: La musica non c’è, Coez
26/04 – Una canzone che ti spezza il cuore: Animal Instinct, The Cranberries
27/04 – Una canzone di cui non capisci il significato: Renegades, X Ambassadors
28/04 – Una canzone che vorresti che qualcuno ti dedicasse: Sweet Child O’ Mine, Guns N’ Roses
29/04 – Una canzone che ti ricorda qualcuno che preferiresti dimenticare: Orgasmo, Calcutta
30/04 – Una canzone che useresti come denuncia contro qualcuno: La fata, Edoardo Bennato – Pensa, Fabrizio Moro (Non riuscivo proprio a decidermi tra queste due canzoni… e poi è l’ultimo giorno, quindi direi che uno strappo alla regola ci sta!)

– Carollo